HARA…riflesso, pensiero profondo e consapevolezza.
Hara è uno dei termini più usati nell’insegnamento dello Shiatsu. A questo aspetto viene data molta importanza, in particolare per quanto riguarda modalità e qualità della pressione. Questa secondo i canoni consueti dello Shiatsu, va esercitata o meglio ancora va espressa coinvolgendo attivamente tutto il corpo, ma in maniera focale, il nostro HARA.
Che cos’è HARA
Noi siamo tutti consapevoli dell’importanza di iniziare bene quello che ci siamo prefissi di fare. Per assicurare i risultati migliori, è sempre consigliato ed opportuno sviluppare delle fondamenta solide. Senza radici profonde e solide, la pianta è debole e la crescita incerta. Hara è il centro vitale del proprio IO, la focalizzazione e le radici dell’esistenza. Per l’essere umano Hara rappresenta la nostra casa. La casa è il nostro spazio fermo e sicuro.
Energeticamente, i nostri primi tre Chakra risiedono nel nostro Hara, stiamo parlando di focalizzazione e grounding, di connessione con il nostro aspetto fisico, di bisogni base e forza motivante. Le nostre gambe poi, possono essere viste come una estensione del nostro Hara, ci radicano alla terra ma allo stesso tempo ci permettono di muoverci.
Questo tipo di conoscenza e di consapevolezza, sono da attribuirsi non solo alla popolazione del Giappone e dell’estremo oriente, ma dimostrano di essere patrimonio universale dell’umanità.
Il concetto di Hara rappresenta un fattore primario dell’esistenza, da coltivare e sviluppare. Purtroppo però abbiamo perso il rapporto privilegiato con questa zona del corpo a noi così importante e per lo più tendiamo ad avere una sensazione vaga della zona addominale, relegando ciò che percepiamo, come appartenente prevalentemente alla sola funzione intestinale o di altri organi limitrofi.
I bambini naturalmente sono connessi con il proprio hara. Il loro addome è rilassato ed il respiro profondo. I bambini risplendono con abbondanza e vitalità, spontaneità e giocosa curiosità. Man mano che ci avviciniamo all’età adulta, impariamo a distanziarci dalle sensazioni della parte bassa del corpo, ed inoltre ci viene insegnato a privilegiare e sviluppare il nostro aspetto mentale a scapito della nostra vitalità e spontaneità.
Culturalmente siamo portati a pensare che la forza e il potere siano posizionati ben al di sopra del nostro addome, nelle nostre braccia e spalle e nel nostro cervello. Nel pensiero Asiatico il concetto di forza si esprime con modalità e concetti alquanto diversi. L’energia è immagazzinata nell’hara dove viene riscaldata prima di essere distribuita nell’intero corpo. L’energia da questa zona può essere diretta/utilizzata volontariamente a far fronte ad ogni richiesta che l’ambiente impone sul nostro essere, come una grande riserva di calore che al momento del bisogno si diffonde attivando il corpo, ottimizzandone le prestazioni. In momenti di riposo invece il nostro Hara svolge un’importante funzione di immagazzinamento dell’energia.
Nello Shorinji Kempo (arte marziale Giapponese) si ritiene importante coltivare la forza del proprio hara attraverso varie tecniche. Il mantenimento di un buon tono muscolare addominale, viene incoraggiato sia con esercizi sia durante la meditazione: l’inspirazione inizia dalla zona addominale ma non si completa in questa area, a circa metà del riempimento della capacità polmonare, si contrae la muscolatura addominale (leggermente), opponendo una lieve resistenza all’espansione addominale e costringendo l’utilizzo della cavità toracica per il completamento della fase inspiratoria. Durante la meditazione le mani sono in contatto con dan-tien, palmo destro sotto e sinistra sopra la destra, questo ha un significato nel cui merito non intendo entrare adesso, quello che è importante però è che le mani prendono parte attiva in quanto non solo sono a contatto e quindi portano la nostra attenzione su Hara, ma nella fase di contrazione del muro addominale anche le mani partecipano comprimendo l’addome nella fase di trattenimento d’aria (circa 1-2 secondi).
Non dimentichiamoci però che il nostro Hara racchiude e contiene anche numerosi visceri ed organi. Il più voluminoso è l’intestino tenue, che occupa la parte più cospicua del volume del nostro addome e che assolve a numerose funzioni.
HARA e la sua relazione con gli organi interni
La complessa rete neurale che innerva l’intestino ha una massa pari a quella del cervello ed è capace di raccogliere, in maniera indipendente, una moltitudine di sensazioni dal tratto intestinale e da altri visceri della cavità addominale, andando a formare un asse privilegiato cervello/pancia che fa sì che le nostre azioni, istintive e razionali, abbiano una profonda componente viscerale. Il sistema nervoso presente nel nostro Hara è anche capace di produrre molti neurotrasmettitori.
Generalmente i neurotrasmettitori svolgono un ruolo a livello sinaptico interagendo con le capacità sensitive/percettive del SNC; come una specie di filtro che ci permette di arricchire di sfumature il nostro modo di interpretare la realtà.
Pensiamo al legame che esiste nella MTC fra il Cuore l’intestino tenue: il primo controlla i 5 sensi e quindi modula i nostri rapporti a livello percettivo con la realtà ed è la casa dello Shen e della mente, il secondo esercita un’importante azione nel fornire l’individuo capacità di giudizio e di scelta. In altre parole, potremmo dire, svolge un’importante azione di ancoraggio della nostra energia che, non dimentichiamolo, si esprime anche come pensiero ed attività mentale.
Non è un caso forse, che il nostro Hara rappresenti proprio anche il baricentro corporeo, il nostro centro di gravità, il punto di bilanciamento.
HARA e coscienza
Hara è un posto dove si concretizzano le azioni e dove manifestiamo i nostri desideri e pensieri, ma è anche un posto di immobilità e profondità: Contiene sia l’aspetto yang che l’aspetto yin. Dal nostro addome noi ci muoviamo con confidenza. La nostra saggezza corporea ci guida. Non c’è alcun bisogno di pensare a quello che stiamo facendo o di comprendere quello che deve essere fatto. Senza l’interferenza ed il giudizio della mente, la parte femminile del nostro Hara, accetta le cose così come sono senza per forza volerle cambiare. Coltivare il proprio Hara porta a sviluppare la profondità necessaria ad integrare l’aspetto dinamico masculino con l’aspetto misterioso ed accogliente femminile.
Mi sento a mio agio nell’asserire che il nostro Hara assolve ad un ruolo importante e spesso non considerato, che potrebbe essere riassunto con una parola: “modulazione della coscienza”.
Questo non perché la nostra consapevolezza risieda nell’intestino ma perché l’ Hara esercita un’importante modulazione su di essa attraverso le vie sensitive, motorie e quant’altro componga la struttura neurale intestinale. Quindi possiamo asserire che più si coltiva lo spazio dentro al nostro Hara più spazio avrà la nostra consapevolezza per espandersi.
Per noi che facciamo Shiatsu lo spazio è fondamentale: noi cerchiamo di incoraggiare il movimento del Ki nel corpo della persona e questo può avvenire solo se si ricrea lo spazio necessario.
Edelman scrive: “Il processo della coscienza è un processo non un oggetto… è un risultato dinamico delle attività distribuite di popolazioni di neuroni in molte aree diverse del cervello…”. Ora se noi ritorniamo al fatto che il nostro intestino possiede una massa neurale impressionante, c’è da pensare che i rapporti tra questo ed il cervello siano innumerevoli. E’ stato scoperto che esistono più neuroni che portano dalle aree profonde a quelle corticali che non viceversa così da azzardare l’idea che la nostra coscienza sia in qualche modo modulata anche dalle nostre sensazioni addominali.
“La comprensione della stretta relazione tra pancia, sistema nervoso e cervello ci aiuta a stabilire un miglior equilibrio ed a superare uno dei miti della nostra epoca: quello, purtroppo ormai profondamente radicato, della supremazia dell’intelletto; dell’evoluzione dell’umanità vista come il superamento dell’istintualità animale a favore della pura razionalità”
Nell’apprendimento dello shiatsu ci viene ripetutamente detto di portare la nostra attenzione nel proprio hara e di esercitare le nostre pressioni come se queste partissero da questa zona.
Fare pressione dal proprio hara non è basato però solo sull’esercizio fisico del portare in avanti il proprio hara durante ogni fase pressoria, ma il concetto dovrebbe esprimere qualcosa di più vasto e profondo che dovrebbe avvenire seguendo alcune modalità importanti:
- attraverso l’uso consapevole di visualizzazioni capaci di avere un effetto di condensazione e rarefazione del proprio Ki interno
- Un corretto uso del peso corporeo
- Uso di una corretta postura e respirazione.
Tutto questo non può prescindere da fattori quali quantum energetico personale e da un lavoro interno che ognuno di noi dovrebbe intraprendere ai fini di garantire lo sviluppo del rapporto con il proprio Hara.
Nella vita di tutti i giorni una persona con un Hara sviluppato ed in contatto con esso, ha la forza e la precisione necessaria per raggiungere degli obbiettivi che altrimenti sarebbero impossibili.
Non bastano tecnica, conoscenza e forza di volontà, solo ciò che viene fatto con il pieno uso del nostro Hara farà ottenere un successo completo.
I Giapponesi hanno coniato una parola che riassume questo principio: HARAGEI.
Questa parola letteralmente significa: Pancia e arte/performance.
Il concetto di Haragei qualche volta viene tradotto con “comunicazione emotiva” o meglio “l’azione verbale o fisica che una persona mette in atto per influenzare gli altri attraverso la potenza della ricchezza delle sue esperienze unite alla sua forza” e ancora “l’atto di relazionarsi con altre persone o di influenzare gli eventi attraverso l’uso di rituali formali ed esperienza accumulata”.
In un certo senso non è forse quello che l’operatore Shiatsu cerca di fare nella sua pratica quotidiana?
Un HARAGHEISTA per sua natura, rifiuta la limitatezza della risposta SI/NO, la ragione e la motivazione non è quella di offuscare ma tutt’altro, è quella di evitare di delineare delle differenze, di diminuire l’ambito delle controversie, e di promuovere ARMONIA.
In occidente la nostra cultura si basa molto di più sulla ricerca dei perché. Dibattito, definizione, distinzione e delineazione sono costantemente incoraggiati. Chi lavora con il proprio Hara preferisce il vago, l’imprecisione, il non specifico e l’ellittico.
(l’essenza della vita non è il SI od il NO ma il SI ed il NO).
di Massimo Cantara